TERAMO – Quel «voglio vederci chiaro» nella prima pagina dell’edizione del quotidiano La Città dello scorso 25 luglio rendeva bene il pensiero del sindaco di Teramo, Gianguido D’Alberto nell’analisi del progetto della Asl di Teramo per la realizzazione di un nuovo ospedale cittadino. D’Alberto alla vigilia di un imminente incontro con il direttore generale Roberto Fagnano, torna a ribadire quei concetti, già molto chiari, espressi nell’intervista al quotidiano locale: «Un nuovo ospedale – dice il primo cittadino – ha un senso se migliora l’offerta complessiva della sanità teramana; se invece la realizzazione di un’altra struttura si traduce nella mera sostituzione del Mazzini, senza alcun tipo di miglioramento, allora tutto questo non ha il minimo senso». E’ questo il primo punto. Attorno a questa posizione, nei giorni successivi alla rivelazione giornallstica dell’intenzione delle direzione generale della Asl di procedere con il progetto di un ‘nuovo Mazzini’, sono state tante le voci ascoltate sull’argomento, la maggior parte delle quali si sono ritrovare nel pensiero del sindaco. Tradizione, esperienze professionali, logistica, geografia, economia del territorio, sono tutti elementi che per D’Alberto devono spingere nella direzione di un ospedale di secondo livello nel capoluogo: «Ed è proprio la presenza di un ospedale di secondo livello sul nostro territorio che deve costituire l’obiettivo principale, per perseguire il quale invito i Sindaci dell’intera provincia ad una azione comune per superare ogni campanilismo che, con il gioco dei veti incrociati, rischierebbe di impedire un riordino ed una riqualificazione complessiva sostenibile dell’offerta sanitaria provinciale – aggiunge D’Alberto -».
Non sembra essere chiaro invece per i consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle. I quali, forse fuorviati sia da un mancato approfondimento delle dichiarazioni rese a La Città una ventina di giorni fa e in queste ore nella sua lettera aperta, sia da titoli non centrati sull’argomento, si dicono stupiti che il primo cittadino «sia favorevole alla realizzazione del nuovo ospedale di Teramo fuori dalla città». I pentastellati affondano sulì’errato presupposto, accusando D’Alberto di essersi «allineato alla visione del Pd regionale di D’Alfonso & Co. sull’edilizia ospedaliera» e che la costruzione di un nuovo ospedale «comporterebbe l’ennesima colata di cemento a danno dei contribuenti ed a favore dei soliti noti, che probabilmente realizzeranno l’opera in project financing, andando ad indebitare le casse comunali e a privare i cittadini di risorse significative per gli anni a venire». Dimenticando che l’opera sarebbe comunque realizzata con i fondi della Sanità e non comunali, i 5 Stelle si dimostrano poco sintonizzati, sostenendo quello che lo stesso D’Alberto denunciava e torna a denunciare, cioè il rischio «che la realizzazione di un’altra struttura esproprierebbe la città di una funzione importante in termini di servizi diretti e consolidati al cittadino, allontanando anche tutto l’indotto che un presidio ospedaliero importante comporta in termini di ricadute su tante attività commerciali della zona». I consiglieri comunali grillini ritengono che questo «sia il primo vero passo falso del nuovo Sindaco, probabilmente dovuto al peso dell’alleanza con il Pd, che comincia a farsi sentire e non promette niente di buono per il futuro». Senza dubbio, dunque, la prima uscita ufficiale grillina del nuovo corso dell’amministrazione comunale si traduce in una ‘toppata’, che sembra il frutto della solita superficiale lettura di documenti e argomenti.
Nella sua lettera aperta dal direttore generae Fagnano, D’Alberto non ha affrontato soltanto il delicato argomento della scelta infrastrutturale, quanto anche quelle del ‘riempire’ le strutture sanitarie e come esso sia legato a stretto filo con un atto aziendale ancora non approvato dalla Asl di Teramo, del ruolo de primati teramani, delle liste di attesa. Esercitando il suo ruolo di membro del Comitato ristretto dei sindaci: «Si è perso di vista quello che deve sempre essere l’obiettivo primario – dice il sindaco -: le politiche sanitarie, intese come strumento per garantire il diritto alla salute hanno lasciato il passo alla politica della sanità, considerata come mezzo e pretesto per costruire, consolidare o far nascere carriere e identità politiche, per garantirsi un bacino elettorale». Reparti e corridoi dell’ospedale «diventati luoghi della transazione, della mediazione tra schieramenti, gruppi e partiti», sono la cartina al tornasole di una sanità teramana dove i direttori dei dipartimenti amministrativi sono in numero maggiore di quelli sanitari, dove si è perso di vista il concetto di sanità pubblica e che ha portato anche allo svilimento del ruolo dei medici teramani: «Oggi ci troviamo davanti ad una dirigenza che ha operato in questi anni nei presidi ospedalieri, non di rado anche in condizioni di difficoltà, bocciata interamente nei recenti concorsi; non si tratta di semplice partigianeria territoriale, a difesa della “teramanità” di alcuni candidati, quanto piuttosto la perplessità e la volontà di comprendere il perché non vi sia stata la lungimiranza di far crescere una “scuola teramana” competente e ricca di esperienza, già verificata negli ultimi anni». Anche in questo caso, è difficile fraintendere il concetto: ma i Cinquestelle questi passaggi non li hanno letti.